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Entra in vigore il decreto conciliazione lavoro-famiglia in attuazione del JobsAct, leggi le novità

La novità più rilevante in materia di congedo parentale introdotta dal decreto sulla conciliazione dei tempi lavoro-famiglia attuativo del Jobs Act è che i genitori possono chiederlo nei primi 12 anni di vita del figlio e non più nei primi otto anni. Ma ci sono anche altre modifiche che, ad esempio, codificano il diritto al congedo parentale a ore, mettendo regole precise, anche nei casi in cui non ci siano previsioni specifiche nei contratti collettivi nazionali di lavoro o in quelli decentrati o aziendali. Vediamo in sintesi come cambia il congedo parentale in base al decreto, che come è noto introduce misure di maggior flessibilità anche per quando riguarda il congedo di maternità obbligatorio e la possibilità per il padre di chiederlo in alternativa alla madre.

Congedo parentale fino a 12 anni

La lettera a del comma 1 dell’articolo 7 del decreto sui tempi di conciliazione lavoro-famiglia modifica il comma 1 dell’articolo 32 del Dl 151/2001 ampliando la possibilità di chiedere il congedo parentale ai primi 12 anni di vita del figlio, dai precedenti otto. Ricordiamo che il congedo parentale prevede la retribuzione al 30% dello stipendio, può arrivare complessivamente a dieci mesi cumulando i periodi presi dai due genitori (elevabile a 11 se il padre prende almeno tre mesi), con un tetto di sei mesi per la madre e di sette per il padre (se c’è un solo genitore, può prendersi tutti i dieci mesi).

Congedo parentale a ore

La successiva lettera b dell’articolo 7 introduce invece il comma 1-ter al medesimo articolo 32 del Dl 151/2001, prevedendo il congedo parentale a ore anche nei casi in cui non ci sia regolamentazione specifica nel contratto nazionale o aziendale. La norma stabilisce che ciascun genitore può sempre scegliere di prendere il congedo parentale a ore piuttosto che su base giornaliera. La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. Da sottolineare, tuttavia, che non si può cumulare il congedo a ore con permessi o riposi. Prima, la fruizione su base orario del congedo parentale era demandata alla contrattazione collettiva (comma 1- bis dell’articolo 32), quindi in pratica questo diritto non era esercitabile in mancanza di riferimenti nel contratto.

Il genitore deve comunicare all’azienda l’intenzione di andare in congedo parentale con l’anticipo previsto dal contratto, e comunque con un termine di preavviso non inferiore a cinque giorni indicando l’inizio e la fine del periodo di congedo: anche questa è una novità, prima il preavviso minimo era di 15 giorni. Se il congedo parentale è su base oraria, il preavviso minimo è invece di due giorni.

Prolungamento del congedo parentale

Anche il prolungamento del congedo parentale che i genitori possono prendere nel caso in cui il figlio sia portatore di handicap passa ai primi 12 anni di vita del bambino, dai precedenti otto: viene modificato l’articolo 33 del Dl 151/2001. Ricordiamo che si tratta di un congedo che può durare fino a tre anni (compresi i dieci mesi ordinari).

Trattamento economico

Per quanto riguarda il trattamento economico, la retribuzione al 30% che prima era assicurata solo in caso di godimento nei primi tre anni di vita del bambino viene ora portata a sei anni. Decade la norma in base alla quale, dopo questo periodo (i primi sei anni del figlio) il diritto successivi in caso di reddito inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione (in pratica viene abloito il comma 3 dell’articolo 34 del Dl 151/2001).

Adozione o affidamento

Le stesse modifiche valgono anche in caso di adozione o affidamento.

L’alternativa del part-time

Ricordiamo infine che una novità in materia di congedo parentale è inserita anche nel decreto sul Riordino dei Contratti attuativo del Jobs Act, che consente ai genitori di chiedere il part-time in alternativa al congedo parentale, per un periodo analogo, al termine del quale l’orario torna a tempo pieno.

Maternità più flessibile

Diventano più flessibili i congedi di maternità obbligatoria per le lavoratrici e vengono ampliate le possibilità di ricorrere al congedo anche da parte delle libere professioniste, nonché a quello di paternità in alternativa alla madre per i lavoratori: sono parecchie le novità a sostegno della genitorialità inserite nel decreto del Governo sui tempi di conciliazione lavoro-famiglia, in esercizio della delega prevista dal Jobs Act, la Riforma del Lavoro.

Maternità lavoratrici dipendenti

·         Parto anticipato: nel caso in cui il bambino nasca prima del previsto, i giorni di maternità obbligatoria che la lavoratrice non ha goduto prima del parto, possono essere aggiunti a quelli successivi alla nascita, anche se la somma dei due periodi supera il limite complessivo deicinque mesi. Già prima era possibile aggiungere questi giorni al periodo successivo al parto, la novità consiste nel fatto che ora il periodo totale può superare i cinque mesi. Lo prevede l’articolo 2, comma 1, lettera a, del decreto, che va a modificare l’articolo 16, comma 1, lettera d, del Dlgs 151/2001.
·         Ricovero del neonato: se il neonato viene ricoverato in una struttura pubblica o privata, la madre può chiedere la sospensione della maternità per il periodo compreso nei primi tre mesi dopo il parto (maggiorato degli eventuali giorni non goduti prima della nascita in caso di parto anticipato). Questo, una sola volta per ogni figlio, e previa presentazione di certificato medico che attesti la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività lavorativa. Lo prevede l’articolo 2, comma 1, lettera b, del decreto, che aggiunge l’articolo 16 bis al sopra citato Dlgs 151/2001. Il successivo articolo 4 del decreto attuativo del Jobs Act sulla conciliazione lavoro-famiglia prevede poi che questa possibilità valga anche nel caso in cui il congedo di maternità sia preso per adozione o affidamento.
·         Indennità di maternità: è corrisposta anche nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro che si verifichi durante i periodi di congedo di maternità per colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro. Prima, invece, il diritto all’indennità piena restava solo nel caso di cessazione dell’attività da parte dell’azienda e di scadenza del termine del contratto.
·         Dimissioni: se la lavoratrice si dimette nel corso del periodo in cui è vietato il licenziamento (tutto il primo anno di vita del bambino), non è tenuta al preavviso. Lo stesso discroso vale per il padre che prenda il congedo di paternità in alternativa a quello obbligatorio di maternità della madre, nei casi in cui è previsto.
Congedo di paternità

La possibilità per il padre di usufruire del congedo di paternità al posto della madre, nel caso in cui quest’ultima debba rinunciare al congedo di maternità (per grave malattia o per decesso) oppure nel caso di abbandono o di affidamento esclusivo del bambino, viene riconosciuta anche se la madre è una lavoratrice autonoma, con diritto alla maternità. E spetta anche al padre autonomo, nella stessa misura prevista per la madre (regolaemntata dall’articolo 66 del Testo Unico a tutela della genitorialità), previa domanda all’INPS, per tutta la durata del congedo o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre. L’indennità spetta anche al padre libero professionista per il periodo in cui sarebbe spettata alla mdre libera professionista, nel caso in cui quest’ultima non ne usufruisca.

Il padre che intenda avvalersi della paternità al posto della madre (nei casi in cui è prevista questa possibilità) deve presentare al datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono, il padre lavoratore rende dichiarazione ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 445/2000.

Il congedo di maternità non retribuito previsto per la lavoratrice inel periodo di residenza all’estero richiesto dalle adozioni internazionali può essere utilizzato, in alternativa, dal padre, anche se la madre non è una lavoratrice (prima questo possibilità per il lavoratore era limitata al caso di madre lavoratrice che non prendeva questo congedo). L’ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all’estero del lavoratore.

Lavoratrici autonome

Le lavoratrici autonome (o i lavoratori che usufruiscano del congedo obbligatorio), iscritte alla gestione separata INPS hanno diritto all’indennità anche se il committente non ha versato i contributi previdenziali.

In caso di adozione internazionale, è istituita per le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata INPS, che non abbiano altre forme di previdenza obbligatorie, un’indennità di maternità per i cinque mesi successivi all’ingresso del minore in famiglia, con condizoni stabilite da apposito decreto ministeriale.

Libere professioniste

Alle madri libere professioniste spetta l’indennità di maternità anche in caso di adozione e affidamento con le stesse regole previste per le dipendenti (prima, invece, era limitata al caso di minore fino a sei anni di età). La madre deve presentare domanda al suo ente di previdenza entro 180 giorni dall’ingresso del minore in famiglia.

 

Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro

Il decreto in Gazzetta ufficiale

Il sito dedicato alla riforma del mercato del lavoro

Data di pubblicazione: 25/06/2015 12:24
Data di aggiornamento: 01/07/2015 11:49