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Per innovare (e crescere) servono le donne

La ricerca e l’innovazione (R&I) costituiscono una delle quattro priorità-chiave della politica di coesione 2014-2020, che ha come obiettivo generale la crescita economica e l’occupazione, con investimenti pari a 325 miliardi di euro nel periodo. Le altre priorità sono: agenda digitale, sostegno alle piccole e medie imprese (Pmi) ed economia a bassa emissione di carbonio.

Si da importanza a R&I perché secondo numerosi studi l’innovazione è il principale stimolo allo sviluppo economico in paesi o regioni sviluppate, determinandone i livelli di occupazione. I protagonisti in questo campo sono i ricercatori che lavorano nelle università, nei centri di ricerca e nei reparti di ricerca delle Pmi; questi ultimi elaborano modifiche e miglioramenti ai processi produttivi e ai prodotti, e quindi applicano nel loro lavoro un approccio sperimentale e propenso al rischio, come i ricercatori accademici.

Le università saranno beneficiarie d’investimenti per R&I, perché sono sede di enormi patrimoni di conoscenze e concentrano numeri elevati di giovani adulti in formazione, dai quali ci si aspetta la capacità di affrontare i problemi della società con vigore e preparazione. Inoltre, le università coltivano relazioni esterne, che si proiettano molto al di là della regione o dello stato cui appartengono.

Un altro elemento importante della politica di coesione è l’innovazione sociale, definita come “lo sviluppo e l’applicazione di nuove idee (prodotti, servizi e modelli) per rispondere a bisogni della società e creare nuove relazioni sociali o collaborazioni”. L’innovazione sociale è essenziale per trasformare la ricerca in innovazione, questa in sviluppo economico e quest’ultimo in posti di lavoro. 

La Commissione europea e l’Oecd ritengono essenziale che l’innovazione sociale debba entrare nelle università, e hanno perciò sviluppato lo strumento online HEInnovate di autovalutazione per misurare il grado di innovazione delle istituzioni accademiche. Infatti, creare un clima di fiducia reciproca attraverso nuove relazioni e collaborazioni che garantiscano e promuovano la partecipazione di tutti i soggetti del corpo accademico, il culto della curiosità e creatività, necessarie a maturare il coraggio dell’assunzione di rischi, dell’invenzione, e dello spirito imprenditoriale (entrepreneurship). Quest’ultimo termine indica la capacità di cogliere nuove opportunità di sviluppo.

Le Università europee sono luogo d’innovazione sociale? Per rispondere a questa domanda, si deve tenere conto che un fattore essenziale dell’innovazione, sociale e tecnologica, è dato dalla capacità di mettere in gioco tutto il capitale umano disponibile, al fine di creare relazioni professionali cooperative e sinergiche. Accade questo nelle università?

Il rapporto SHE figures 2012 della Commissione europea indica che tutto il sistema accademico europeo è caratterizzato da disparità di genere, che si accentua passando dalle fasi iniziali a quelle finali della carriera. In media, le donne sono solo il 20% dei professori ordinari (ultimo grado della carriera), limitando in modo automatico l’accesso ai ruoli di decision-making: in Europa, solo il 10% dei rettori sono donne. L’Italia è in linea con questi numeri, come si può facilmente dedurre dai dati del nostro Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Uno studio della Commissione europea intitolato “Structural change in research institutions” identifica opacità nelle decisioni, pregiudizi, scarsa conoscenza dei fatti come fattori chiave per la discriminazione...

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Data di pubblicazione: 20/01/2015 13:29
Data di aggiornamento: 20/01/2015 13:35