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Jobs Act, congedi parentali sino al 12mo anno del bambino anche dopo il 2015

Via libera alla proroga delle misure volte alla conciliazione delle esigenze di cura, vita e lavoro oltre il 2015. Lo prevede il decreto legislativo 148/2015 in vigore dal 24 settembre 2015.
Con questa modifica il Governo rende in sostanza strutturali i nuovi congedi parentali e i congedi per le donne vittime di violenza, come riformati di recente dal decreto legislativo 80/2015, che tuttavia li aveva limitati al solo anno 2015 in attesa che si reperissero le risorse per una proroga oltre il 2015. Risorse che sono state individuate dall’articolo 42 comma 2 del citato decreto in misura pari a circa 130 milioni di euro annui. Dunque, i congedi parentali sino al dodicesimo anno del bambino potranno essere fruiti anche dopo il 2015. Le misure sono state stabilizzate con il decreto di riforma degli ammortizzatori sociali.

Il Legislatore con il D.Lgs. n. 80 del 15.06.2015 ha introdotto alcune rilevanti modifiche in materia di conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro in attuazione di quanto previsto dal Jobs Act (Legge n. 183 del 10.12.2014).
Con il Jobs act, infatti, sono stati incrementati i periodi in cui è possibile godere dei congedi parentali. Oltre all’astensione obbligatoria, è previsto il congedo pagato al 30% fino ai 6 anni del bambino (prima era 3 anni) e quello non retribuito (se non in casi particolari) fino ai 12 anni (prima 8 anni). Sarà possibile godere di questi periodi di astensione anche frazionati ad ore. Tutti i trattamenti sono equiparati tra genitori naturali e adottivi. Alle lavoratrici autonome sarà pagata la maternità anche se il datore di lavoro non ha versato i contributi. In caso di parti prematuri o di ricovero del neonato non si perdono i giorni di congedo.

Inoltre, per i casi di cessazione o modificazione del rapporto lavorativo: il termine iniziale dell’intervallo di tempo da considerare per quantificare i mesi di congedo parentale, coincide con la data di presentazione della domanda. Pertanto, il nuovo termine coincide con la data di presentazione della domanda, mentre il termine finale con il giorno di cessazione del rapporto lavorativo, da intendersi quale ultimo giorno lavorato, ovvero con il giorno di modifica del rapporto lavorativo.
Qui di seguito un riepilogo schematico:
Primi 30 gg. di congedo con retribuzione pari al 100% se fruiti nei primi 12 anni del bambino (prima era 8 anni); art. 12, comma 4: “ Nell'ambito del periodo di astensione dal lavoro previsto dall'art. 32, comma 1, lett. a) del D. Lgs. n. 151/2001 [per ogni figlio nato, NEI PRIMI SUOI 12 ANNI DI VITA per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi…(nuovo art. 32 comma 1 lett. a) D.lgs. n. 80/2015 ) ], per le lavoratrici madri o in alternativa per i lavoratori padri, i primi trenta giorni, computati complessivamente per entrambi i genitori e fruibili anche in modo frazionato, non riducono le ferie, sono valutati ai fini dell'anzianità di servizio e sono retribuiti per intero, con esclusione dei compensi per lavoro straordinario e le indennità per prestazioni disagiate, pericolose o dannose per la salute”.
L'indennità economica, pari al 30% della retribuzione, indipendentemente dal reddito individuale, per i restanti periodi fino al sesto anno di vita del bambino (prima era 3° anno);
Il congedo eventualmente fruito dai 6 ai 12 anni del bambino è indennizzato al 30% dai 6 agli 8 anni solo qualora il richiedente abbia un reddito inferiore a 2,5 volte il trattamento minimo pensionistico (per l'anno 2015 Euro 16.327,68);
Nessuna retribuzione per il congedo fruito dagli 8 ai 12 anni del bambino.
Tali novità sono riferite ovviamente ai periodi di congedo parentale che finora non stati mai fruiti o a quelli eventualmente residui.

Congedo di maternità. La proroga delle novità interessa anche il congedo obbligatorio di maternità con la possibilità per la madre di sospenderlo in caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata. Se pertanto il bambino viene ricoverato nel periodo previsto per la cosiddetta astensione obbligatoria (tre o quattro mesi dopo il parto) il periodo può essere sospeso e riprenderà a decorrere dopo le dimissioni del figlio, a condizione che la lavoratrice produca una attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività lavorativa. Il diritto della sospensione del congedo può essere esercitato una sola volta per ogni figlio. L’altra importante novità è l’estensione del diritto a percepire l’indennità di maternità (direttamente dall’Inps) anche nel caso di risoluzione del rapporto per giusta causa, precedentemente escluso.
Sempre in materia di congedi di maternità si prevede che i giorni di congedo non goduti prima del parto (a causa di anticipo dello stesso rispetto alla data presunta) si aggiungono al periodo di congedo obbligatorio spettante dopo il parto anche qualora il periodo di congedo obbligatorio di maternità superi il limite di cinque mesi.

Vittime di Violenza. Stabilizzato anche il nuovo congedo per le donne vittime di violenza. In particolare, alle lavoratrici dipendenti, pubbliche e/o private, e alla collaboratrici a progetto, inserite in percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, tali certificati dai servizi sociali del comune di residenza o dai centri antiviolenza o dalle case rifugio, hanno il diritto di astenersi dal lavoro (sospensione del contratto, nel caso di co.co.pro.) per motivi connessi al percorso di protezione per un periodo massimo di tre mesi.
La fruizione oraria del congedo parentale La circolare 152 del 18 agosto, INPS, da istruzioni in merito alle modalità di fruizione del congedo parentale, non trattato nelle precedenti comunicazioni. Con la legge di stabilità del 2013 (legge 228/2012) venne introdotta la possibilità, per i genitori lavoratori dipendenti, di usufruire del congedo parentale a ore ma solo nel caso in cui la contrattazione collettiva ne definisse le modalità di fruizione. Di fatto tale previsione ha impedito l’effettiva fruizione del congedo con modalità oraria. Il Dlgs 80/2015 modifica ulteriormente l’art.32 del TU maternità/paternità con l’introduzione di un criterio generale di fruizione del congedo in modalità oraria anche laddove vi sia assenza di previsione contrattuale collettiva nazionale o aziendale. La fruizione in modalità oraria è possibile nella misura del 50% dell’orario medio giornaliero del periodo di paga immediatamente precedente l’inizio del congedo parentale, salvo diversa previsione contrattuale. L’introduzione della modalità oraria non modifica ovviamente la durata del congedo parentale, i limiti complessivi e individuali rimangono invariati. Da notare che se la fruizione di un periodo di congedo parentale avviene su base oraria (nella stessa giornata presente sia ’attività lavorativa che assenza per congedo a ore), le domeniche e, nel caso di settimana corta, i sabati, non sono considerati né ai fini del computo né ai fini dell’indennizzo. Il congedo parentale usufruito in modalità oraria non è cumulabile con altri permessi o riposi concessi ai sensi del Testo Unico sulla tutela della maternità/paternità: il congedo ad ore non può essere fruito nei medesimi giorni in cui il genitore fruisce di riposi giornalieri ex allattamento ((artt.39 e 40 TU) oppure nei giorni di fruizione dei riposi orari (art. 33 del TU) per assistenza ai figli disabili. È compatibile invece con i permessi o riposi disciplinati da norme diverse dal Testo Unico, come ad esempio quelli previsti dalla legge 104/92. Sono comunque prevalenti eventuali diverse norme di compatibilità previste dalla contrattazione collettiva anche di livello aziendale. Le ore di congedo parentale sono coperte da contribuzione figurativa. Preavviso: il genitore richiedente è tenuto a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri previsti dai contratti di lavoro e comunque, con un termine non inferiore a 5gg, in caso di richiesta di congedo parentale mensile o giornaliero, e non inferiore a 2 giorni in caso di congedo orario. La domanda di congedo parentale va inoltrata all’INPS con la sola modalità telematica utilizzando la procedura INPS.

L’alternativa: part-time invece del congedo parentale In luogo della fruizione del congedo in modalità oraria (oppure mensile o giornaliero) è possibile chiedere la trasformazione del rapporto di lavoro. Lo prevede l’art.8, comma 7, di un altro decreto legislativo varato in attuazione del Jobs Act, il n° 81/2015 (Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni). Il lavoratore puo' chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale od entro i limiti del congedo ancora spettante , la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purche' con una riduzione d'orario non superiore al 50 per cento.
Cosa conviene?: la trasformazione del rapporto può essere chiesta anche in misura inferiore al 50% del normale orario di lavoro, mentre, invece, la fruizione in modalità oraria del congedo, come detto, è fissata in misura pari al 50% dell’orario medio giornaliero. Questa è una prima differenza che va tenuta presente dai genitori. Inoltre la trasformazione del rapporto in PT rende compatibile l’utilizzo dei permessi per ex allattamento (due ore o una se l’orario giornaliero è inferiore alle 6 ore) che compatibili non sono in caso di fruizione del congedo in modalità oraria. Per contro la riduzione d’orario per trasformazione del rapporto di lavoro ovviamente non è retribuita mentre il congedo usufruito in qualsiasi modalità è indennizzato al 30% della retribuzione quantomeno fino ai 6 anni di vita del figlio. Anche i termini per la decorrenza del congedo sono diversi: Il datore di lavoro e' tenuto a dar corso alla trasformazione del rapporto di lavoro entro quindici giorni dalla richiesta, contro i due giorni per la richiesta di congedo ad ore.

Data di pubblicazione: 06/10/2015 12:38
Data di aggiornamento: 06/10/2015 12:46