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"Il ruolo dell'imprenditoria femminile in Puglia" - Melissa Ripa

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRENTO
DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di laurea triennale in Economia e Management

 

"Il ruolo dell'imprenditoria femminile in Puglia"

Relatrice: Mariangela Franch
Laureanda: Melissa Ripa

ANNO ACCADEMICO 2020/2021

 

Introduzione

Il presente elaborato si propone di rispondere alla seguente domanda di ricerca: “Quale ruolo gioca l’imprenditoria femminile in Puglia?”. Per farlo, sono state studiate le caratteristiche delle imprese pugliesi a conduzione femminile, focalizzandosi prevalentemente sulle abilità e le competenze delle imprenditrici e sul loro contributo sul tessuto imprenditoriale locale. Per questa ragione, sono state effettuate delle indagini sul campo, analizzando dei casi aziendali. In più, si è deciso di analizzare brevemente le imprese “rosa” che operano nel tessuto imprenditoriale italiano al fine di contestualizzare meglio questo fenomeno su scala nazionale.
L’influenza della donna nell’economia è ormai diventato un tema di grande interesse perché viene considerato come una leva al raggiungimento di uno sviluppo economico equo ed efficiente. Garantire una forte relazione del genere femminile con il tessuto imprenditoriale nazionale e locale è, dunque, sinonimo di benessere.

Particolarmente attenti a tale tematica risultano essere i piani di ricostruzione e rilancio post Covid-19 sia a livello europeo sia a livello nazionale. Infatti, NextGenerationEU è uno strumento di ripresa che prevede lo stanziamento di 750 miliardi di euro al fine di rendere l’Europa più verde, digitale e capace di rispondere adeguatamente alle sfide presenti e future.
Inoltre, è stato sviluppato il programma europeo InvestEU che facilita l’accesso ai finanziamenti di soggetti economici aventi un alto profilo di rischio. In questo modo, si spera di incrementare l’imprenditoria femminile in tutti i Paesi membri dell’UE.

In più, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) presentato dall’Italia, inserito all’interno del piano di ricostruzione europea, presenta una forte attenzione alle politiche di riduzione del divario di genere. Esso si propone di realizzare sei azioni principali, di cui la quinta riguarda proprio “inclusione e coesione” e prevede uno stanziamento complessivo di 22,4 miliardi volto a facilitare la partecipazione al mercato del lavoro e favorire l’inclusione sociale.
Per la stesura del seguente elaborato, è stato necessario trovare una definizione comune del termine “imprenditoria femminile” che risulta, a più voci, assente. La mancanza di una definizione chiara e condivisa potrebbe derivare dalla difficoltà nel reperire dati e informazioni sulle imprese a conduzione femminile. Infatti, esse hanno spesso una forma giuridica che non prevede la registrazione obbligatoria delle scritture contabili e, conseguentemente, la redazione del bilancio d’esercizio. Pertanto, risulta arduo valutare le caratteristiche di queste realtà imprenditoriali, specialmente in merito alla dimensione, agli investimenti e alla struttura finanziaria.

Tuttavia, si è deciso di utilizzare la definizione riportata da Unioncamere nel terzo rapporto nazionale sull’imprenditoria femminile “Impresa in Genere” del 2016 che sancisce quanto di seguito. Si definisce femminile un’impresa la cui partecipazione di genere risulta superiore al 50%, mediando la composizione delle quote di partecipazione e le cariche attribuite. In particolare, l’algoritmo formulato, tenendo conto sia delle precedenti definizioni normative sia delle elaborazioni di Unioncamere, prevede che siano qualificate femminili:
• le imprese individuali di cui siano titolari donne ovvero gestite da donne;
• le società di persone in cui la maggioranza dei soci è di genere femminile;
• le società di capitali in cui la maggioranza delle quote di partecipazione sia nella titolarità di donne, ovvero in cui la maggioranza delle cariche sia attribuita a donne, ovvero le imprese in cui la media tra le quote di partecipazione nella titolarità di donne e le quote delle cariche attribuite a donne risulti superiore al 50%;
• le imprese cooperative in cui la maggioranza dei soci sia di genere femminile.

Tale definizione è stata scelta in quanto, in questi anni, è apparsa la più completa e adeguata alla realtà del fenomeno dell’imprenditorialità femminile in Italia. Questo accade specialmente in merito alla previsione della quota di partecipazione al capitale sociale, alla titolarità di cariche attribuite alle donne e alla stabilizzazione del criterio della media tra le quote di partecipazione e le cariche femminili. Infatti, essa si fonda sulla legge n. 215 del 25 febbraio 1992 denominata “Azioni positive per l’imprenditoria femminile”, che introduce il criterio discriminante della maggioranza riferito alla proprietà dell’azienda nelle imprese individuali, al numero di soci donne nelle società di persone e nelle cooperative, al numero delle quote di partecipazione azionaria e alla maggioranza delle cariche ricoperte da donne nelle società di capitale. 
Si è deciso di suddividere il presente elaborato in tre capitoli, nel primo verrà svolta una panoramica generale del fenomeno delle imprese femminili in Italia. Nel dettaglio, ci si concentrerà sulla sua storia ed evoluzione, sulle ragioni che spingono le donne a fare impresa, sulle caratteristiche della leadership femminile e sull’incidenza della pandemia da Coronavirus su queste realtà imprenditoriali.
Successivamente, nel secondo capitolo, si procederà con una trattazione più dettagliata del fenomeno delle imprese “rosa” in Puglia. In particolare, ci si focalizzerà sui settori in cui operano prevalentemente le donne, sulla natura giuridica, la dimensione e la longevità delle imprese femminili e sulle misure a sostegno del lavoro e dell’imprenditoria femminile. Infine, nel terzo capitolo, si procederà con una disamina di tre casi aziendali: la cooperativa femminile INFORMA; la start up Everywhere Tew e l’impresa RE.DA OCCHIALI S.r.l.

Data di pubblicazione: 01/09/2021 18:56
Data di aggiornamento: 01/09/2021 19:09