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Famiglia, lavoro, gender gap. L'indagine dell'Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro

05 July 2016

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Nell’Italia che cambia usi e costumi, i genitori che lavorano sono quelli che pagano il prezzo più alto per conciliare vita famigliare e lavoro. Tanto che, in presenza di salari bassi, soprattutto per le madri, è quasi più conveniente non lavorare. Una situazione che rende prioritario ridurre il costo dei servizi di cura per l’infanzia attraverso agevolazioni fiscali e soprattutto con misure più ampie come quelle di welfare aziendale che prevedano la partecipazione ai costi da parte delle imprese, rivolte innanzitutto alle fasce di lavoratori con più bassi livelli d’istruzione e quindi di reddito. Oggi, infatti, lo Stato non è in grado di fornire al cittadino un sistema completo di welfare che copra ogni esigenza determinata dal progressivo invecchiamento della popolazione e dalla maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, a causa dei sempre più stringenti vincoli di spesa. Le imprese, con il welfare aziendale, potrebbero contribuire in modo significativo a migliorare la vita privata e lavorativa dei propri dipendenti e a facilitare la conciliazione tra vita privata e professione, aumentando anche il benessere in azienda e la produttività. Ma molto c’è ancora da fare. Si pensi che solo lo 0,1% dei lavoratori dipendenti (21 mila unità) in Italia riceve il rimborso per le spese sostenute per i servizi rivolti all’infanzia (asili nido, scuole materne e centri estivi), con minime differenze di genere.
In apertura del Festival del Lavoro 2016 l’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro ha presentato il suo primo rapporto dal titolo “Famiglia, lavoro, gender gap: come le madri-lavoratrici conciliano i tempi”. L’indagine, che ha messo in relazione famiglie e lavoro ed in particolare ha cercato di comprendere in che modo il ruolo genitoriale incide sulla partecipazione al mercato del lavoro da parte delle madri, rappresenta l’ultima tappa di un percorso avviato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro con l’istituzione dell’Osservatorio del Mercato del Lavoro all’interno della Fondazione Studi, con la pubblicazione del libro "La fatica nelle mani - Lavoro, famiglia e futuro" (Edizioni San Paolo) e con la diffusione del rapporto su famiglia e lavoro. In poco più di un decennio (2004-2015) sono cambiate profondamente le caratteristiche delle famiglie: il nucleo familiare classico costituito da una coppia con figli, pur rimanendo maggioritario, subisce una lieve flessione. Mentre aumenta in modo consistente il numero delle persone sole. Una famiglia su tre è composta da un single, come conseguenza di profondi mutamenti demografici e sociali. Emerge dal rapporto che è nelle famiglie dove uno dei due componenti ha un lavoro più qualificato e meglio retribuito che c’è una maggiore propensione a fare figli. Ciò, non a caso, consente di far fronte alle spese per i servizi sostitutivi del lavoro domestico e di cura dei bambini, soprattutto se molto piccoli: la quota di genitori con figli molto piccoli che esercita professioni altamente qualificate è pari al 39,9%, valore superiore di oltre 8 punti percentuali rispetto a quello dei genitori con figli più grandi (31,5%). Questo differenziale è ancora più elevato tra le madri delle due platee e supera i 12 punti (47% tra le madri con bambini fini a 2 anni d’età e 34,7% tra quelle con figli più grandi). Di conseguenza la quota di madri che hanno fatto figli negli ultimi due anni e che svolgono mestieri non qualificati (7,4%) è inferiore di quasi 7 punti percentuali rispetto al resto della platea (14,2%).
Un fattore che incide quasi esclusivamente sul tasso d’occupazione femminile è il costo del lavoro domestico e per la cura dei figli, svolto gratuitamente dalle madri, che dovrebbe invece essere pagato nel caso la donna decidesse di lavorare. Il costo dei servizi sostitutivi del lavoro domestico e di cura dei bambini, in assenza di nonni o di altri familiari, è pari in media a circa 500 euro al mese. L’Italia è il paese europeo con il più alto rapporto tra inattivi e popolazione: un terzo delle donne italiane 25-49enni (33,3%) non lavora e neppure cerca un’occupazione. Un tasso d’inattività così elevato non si registra in nessun altro paese dell’Unione (nella media dell’Unione a 28 paesi il tasso è pari al 20,1%), mentre quote molto più basse di donne inattive si osservano in Slovenia (10,7%), in Spagna (16,2%), in Francia (17%), in Germania (17,7%) e nel Regno Unito (20,2%). Anche il tasso d’inattività degli uomini è tra i più alti d’Europa (12%), superato solo dalla Bulgaria.
Sul tema della conciliazione lavoro-famiglia si sono espressi anche il Mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia, il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, e la Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone. Il Mons. Paglia ha sottolineato la necessità di mantenere saldo il legame tra lavoro e famiglia e di ridare dignità alla persona attraverso il lavoro. Il lavoro si colloca nel vivo del crocevia tra persona, famiglia e società. Per questo è importante il ruolo dei Consulenti, che analizzando le trasformazioni subìte dal mercato del lavoro e dalla società, possono ridare dignità ai lavoratori promuovendo la cultura del lavoro etico.
Per il Ministro Poletti prima dello Stato e del mercato ci sono gli uomini e le donne che costituiscono le comunità, i luoghi in cui si costruiscono i valori e le regole. “Dobbiamo recuperare il senso della comunità – ha affermato il Ministro - per costruire l’idea del nostro futuro. Dobbiamo ridare valore ai nostri valori, a quello che sappiamo fare, difendere il lavoro e ridare all’Italia l’idea del Paese che promuove le opportunità. Questa è la scelta che il Governo ha fatto”, ha concluso.
I 28 mila professionisti iscritti all’albo dei Consulenti del Lavoro amministrano oltre un milione di aziende e gestiscono qualcosa come sette milioni di rapporti di lavoro. Sono, pertanto, custodi di un patrimonio informativo che oggi trova una sua specifica valorizzazione nell’Osservatorio Statistico”, ha detto la presidente del Consiglio nazionale Marina Calderone. “Le nostre considerazioni tecniche dimostrano come i Consulenti del lavoro siano professionisti fortemente radicati sul territorio e centrali nel mondo del lavoro, che possono proporre riflessioni da cittadini responsabili. Essere professionisti, infatti, significa assunzione di responsabilità e consapevolezza dell’etica del proprio operare. Non limitiamoci all’applicazione delle norme. Il nostro ruolo – ha sottolineato la Presidente - consiste non solo nell’attuazione delle riforme, ma anche nella promozione delle opportunità per poi ripensare ai tempi di vita e di lavoro, al welfare della persona, al sostegno delle donne lavoratrici. Parleremo di tutto questo al Festival con l’obiettivo di migliorare il futuro dei cittadini”.

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