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Il lato rosa della green economy

Quanto è rosa l’imprenditoria green? Le ricerche sull’argomento sono pochissime, ma gli studi fatti bastano a darci una risposta chiara: nell’economia verde le donne al timone delle aziende sono ancora poche. Più presenti sicuramente nei settori di turismo e servizi, meno nell’agricoltura e nell’industria. I dati forniti in questi giorni da Coldiretti, elaborati sulla base delle rilevazioni Unioncamere, si riferiscono a tutta l’economia, ma danno comunque l’idea della situazione: “Quasi una impresa su quattro è condotta da donne” e di queste “la maggioranza opera nel commercio (circa il 30%), ma una forte presenza si registra con oltre il 16% in agricoltura, nei servizi di alloggio e ristorazione (quasi il 10%) e nel manifatturiero (8%)”. Secondo lo studio Green jobs and women workers della Fondazione americana SustainLabour, presentato nel 2009, la presenza delle donne nell’economia verde a livello mondiale è ampia solo nei servizi amministrativi (68%), mentre in altri settori si conta una donna ogni quattro (manifatturiero) o cinque  (agricoltura, ecoturismo) colleghi uomini.
 
E pensare che, al di là delle quote rose (“inutile che la presenza delle donne venga imposta per legge”, fanno notare in molte), una maggiore concentrazione di figure femminili nei team di lavoro e ai posti di comando farebbe bene alle imprese, per diversi aspetti. A partire dall’innovazione, che, spiega Daniela Ducato, fondatrice di Edilana e Edilatte e vincitrice oggi del premio Mimosa d’Oro 2013 dell’Associazione Donne ambientaliste, “necessita di maschile e femminile come tutto ciò che si mette al mondo. Non è un discorso di quote rosa. Semplicemente, quando un gruppo è più diversificato, fa meglio le cose. Se invece una delle componenti manca, le potenzialità creative sono minori”. Le 72 imprese della Casa Verde CO2.0, il più grande distretto italiano della bioedilizia di cui Daniela Ducato è coordinatrice, devono rispettare requisiti specifici anche nella loro policy di genere: “Sono invitate ad includere figure femminili in organico. Inoltre, non possono partecipare alla filiera aziende che facciano comunicazioni maschiliste, nello stile di quella pubblicità tristemente nota che ritraeva una ragazza prona su un pannello fotovoltaico e lo slogan ‘Montami a costo zero’”. 
 
Non si tratta quindi di orgoglio femminile, ma della convinzione che dal continuo confronto tra due modi di approcciarsi e sentire emergano benefici per l’impresa. “Nell’edilizia sostenibile, per esempio – continua Daniela Ducato – le donne sono presenti nella fase di progettazione, ma non in quella di sviluppo dei materiali, a cui potrebbero dare invece un grosso contributo. Le donne nascono strutturate per diventare la casa del loro bambino per nove mesi: in questo senso, nella bioedilizia, possono portare la loro sensibilità per l’accoglienza, la salubrità, il vivere in sintonia con la terra”.
 
Accanto a Daniela Ducato, pluripremiata per i propri prodotti edili a basso impatto ambientale e a zero consumo di risorse, perché realizzati con scarti agricoli e zootecnici, altre figure femminili della green economy nostrana testimoniano quanto può essere significativo il contributo delle donne all’innovazione. Una su tutte, Catia Bastioli, oggi amministratore delegato di Novamont, il colosso delle bioplastiche. Chimica, 55 anni, è lei ad aver scoperto e brevettato il Mater-Bi, la plastica vegetale di cui sono fatti oggi i sacchetti biodegradabili. Assunta subito dopo la laurea alla Montedison, dopo il fallimento passa alla Novamont, nata dalle ceneri del grande gruppo chimico, approdando attraverso diversi incarichi al ruolo di amministratore delegato. 
 
Dalla chimica all’agricoltura: anche la prima azienda vinicola in Italia ad ottenere la certificazione biologica Ecocert è guidata da una donna. Marina Marcarino è la carismatica titolare della cantina Punset, nella Langhe, e amministratore delegato del Consorzio Vintesa, composto da sei produttori di vino biologico di varie regioni d’Italia. Nel 1983 si iscrive in segreto alla facoltà di Agraria e riesce a vincere la sfida con il padre, che la voleva a capo della società di costruzioni di famiglia. Dal 1987, le vigne della tenuta di Neive, in provincia di Cuneo, vengono coltivate senza l’uso di pesticidi e sostanze chimiche di sintesi. 
 
Più in generale, l’ingresso progressivo delle donne nell’agricoltura italiana, spiegano da Coldiretti, “ha certamente dato un forte impulso all’innovazione che ha caratterizzato il settore con l'ampliamento delle attività ad esso connesse come la trasformazione dei prodotti, la crescente attenzione al benessere, il recupero di antiche varietà, le fattorie didattiche, gli agriasilo, la pet-therapy, l’adozione di piante e animali on line”. Anche Ilaria Venturini Fendi, personaggio-simbolo della moda ecosostenibile al femminile, ama dire del suo lavoro: “Faccio l’imprenditrice agricola con l’hobby del riciclo”. Dopo una vita trascorsa nel mondo patinato della moda, infatti, qualche anno fa ha acquistato e convertito al biologico un’azienda agricola nella campagna romana. Grazie alla pausa nella natura, è tornata a un progetto di design basato sul riuso dei materiali, lanciando nel 2006 il marchio di borse Carmina Campus. E dal 2010, organizza, nella sua tenuta, il festival Floracult, dedicato all’ambiente e alla cultura del verde e del giardinaggio. Pink & green.


Fonte: LaStampa.it (8 marzo 2013)

Data di pubblicazione: 12/03/2013 10:21
Data di aggiornamento: 12/03/2013 10:33